L’endometriosi è una malattia dai numeri molto alti e altrettanto sommersi. In Italia, per esempio, il ritardo diagnostico è pari a circa 7 anni, il che comporta compromissioni importanti della qualità della vita delle pazienti. Per questo motivo, è molto utile informarsi sulla condizione, sulle sue peculiarità e su cosa si può fare per curarla.
Come si fa a sapere se si ha l’endometriosi: dove fa male e quali sono i sintomi
Anche se la diagnosi finale dell’endometriosi, malattia che si contraddistingue per la presenza di parti di endometrio, il tessuto che normalmente riveste la cavità interna dell’utero, in zone del corpo diverse da quest’ultima, è di pertinenza ginecologica, esistono diversi sintomi davanti ai quali la donna deve fermarsi un attimo e valutare la consultazione tempestiva di uno specialista.
Ecco i principali:
- Dolore durante i rapporti sessuali.
- Dolore nei giorni del flusso mestruale che arriva a livelli talmente alti da impedire la conduzione di una vita quotidiana serena e impattando, per esempio, anche sul lavoro.
- Dolore durante la defecazione con presenza di sangue nelle feci.
- Astenia e lieve innalzamento della temperatura durante il periodo del flusso mestruale.
Quali sono le possibili cure? Vediamole assieme nelle prossime righe!
Quali sono le cure per l’endometriosi?
Sono diverse le strade che si possono prendere in considerazione per trattare l’endometriosi. Tra queste rientra, per esempio, il ricorso alla pillola estroprogestinica. Anche la sola pillola progestinica – o minipillola – può rivelarsi, in alcuni casi, un’alternativa in grado di favorire la riduzione della sintomatologia.
Particolarmente importante è la costanza. Si tratta di un aspetto decisivo ai fini della prevenzione di quel processo di sfaldamento dell’endometrio che ricorda il quadro del flusso mestruale e che aumenta il rischio del passaggio del tessuto tramite le tube.
Nei quadri di endometriosi più gravi, si può bloccare totalmente l’ovulazione e portare, di fatto, la donna in menopausa. Patologia cronica e invalidante nei suoi stadi più avanzati, l’endometriosi può richiedere, quando sono presenti le giuste indicazioni, anche un intervento chirurgico di rimozione delle aderenze.
Chi ha l’endometriosi può rimanere incinta?
Chi ha l’endometriosi può rimanere incinta, anche se con maggiori difficoltà. Nel 30 – 40% dei casi, le pazienti con questa diagnosi vengono infatti dichiarate infertili.
Come capire se si ha l’endometriosi intestinale?
Forma di endometriosi che si contraddistingue per la presenza di tessuto uterino nell’intestino, l’endometriosi intestinale, le cui cause sono ancora oggetto di dibattito in seno alla comunità scientifica – ci sono diverse teorie in ballo, tra cui quella che chiama in causa la trasformazione, durante la fase embrionale, di cellule peritoneali in altre di natura endometriale – si manifesta con i seguenti sintomi:
- Dolore pelvico
- Alvo intestinale diarroico o all’insegna della stipsi
- Sanguinamento a livello rettale
- Gonfiore e crampi addominali
Per quanto riguarda il trattamento si può optare, a seconda del quadro clinico, per l’approccio conservativo, con il ricorso ai farmaci, o per quello chirurgico.
Cos’è l’endometriosi in menopausa?
Molte donne che soffrono di endometriosi durante l’età fertile hanno a che fare con la problematica pure in menopausa. La buona notizia? Raramente, con la fine della fase feconda della vita, il quadro clinico peggiora.
Nonostante questo, il monitoraggio costante con visite specialistiche – chi è alla ricerca specifica di un riferimento per una visita ginecologica Roma può rivolgersi al centro CIMED, nome di spicco nella capitale ormai da anni – rimane fondamentale.
Cos’è l’endometriosi profonda?
Per completare il quadro sulla patologia, parliamo di endometriosi profonda. Con questa definizione, si inquadra la presenza di focolai di endometriosi che hanno completato il processo di penetrazione nelle pareti degli organi che si trovano nella cavità addominale inferiore.
Si tratta della forma più severa della malattia, con la penetrazione dei focolai per oltre 5 mm nei tessuti colpiti, con insorgenza di possibili danni agli organi.